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Il Castello dei Conti e le fortificazioni

Il Castello dei Conti di Modica è il simbolo visivo della città. Posto sulla sommità di uno sperone roccioso ha costituito per secoli un vero e proprio monito per i nemici, una difesa naturale per la Capitale della Contea. La frammentaria documentazione finora aquisita per la rocca del Castello non consente di poter formulare un quadro insediamentale completo nel corso della storia locale.

Si può avanzare l’ipotesi di una frequentazione di quest’area già in epoca preistorica, nella prima età del bronzo (facies di Castelluccio XXII - metà del XV secolo a.C.) quando evidenze archeologiche testimoniano la presenza di un insediamento nella vallate del Pozzo dei Pruni, l’insediamento è confermato anche per l’età protostorica, nel VII secolo a.C., dalle due tombe con corredi funerari ritrovate in Via Polara. Per i periodi successivi i dati risultano fortemente carenti, tuttavia la frequentazione della rocca in età tardo antica può essere individuata per la presenza di ipogei funerari ricavati lungo i versanti orientale e occidentale. In un momento successivo la necropoli venne abbandonata e la rocca assunse il ruolo di fortezza del centro abitato. Molto probabilmente l’occasione storica per questa trasformazione fu fornita, verso la fine del VII secolo d.C. dalla fortificazione del territorio in seguito alla creazione del Thema di Sicilia in epoca bizantina, quando la Sicilia divenne una provincia militarizzata dell’impero bizantino. La parola thema, che in greco bizantino vuol dire corpo d’armata, fa riferimento ai reggimenti di stanza permanente in alcuni distretti. Prima della rovina causata dal terremoto del 1693, con la successiva asportazione di materiali, l’ostruzione delle grotte e la costruzione di edifici nell’area del Castello e sulle fondamenta delle torri, l’unica descrizione dell’area ci è fornita da Placido Carrafa, storico modicano.

Il Carrafa descrive il Castello come un ragguardevole edificio per la sua ampiezza e per la “vetustà della sue mura”. Racconta dell’esistenza della casa del Governatore della Contea di Modica e di molte altre case di paesani al servizio dei quali stavano tre chiese. La prima era quella sotto il nome della Vergine Maria con dodici preti al sevizio del Conte con il compito di amministrare i Sacramenti. Le altre due chiese erano intitolate a San Cataldo e di San Leonardo. Quest’ultima era la chiesa dei prigionieri che erano custoditi nelle carceri del Castello. Il Carrafa si riferisce nella descrizione di un epoca passata ad un Tempio del Sole o di Apolline, di forma quadrata. All’interno del tempio si ergeva una cappella anch’essa di forma quadrata dove, si narra, un tempo era posto il sacello del Dio che “proferiva le sorti e i futuri destini di coloro che ne chiedano i vaticini, non meno autorevoli, presso i nostri credenti di quelli del Delfico Apolline (il Dio Apollo di Delfi)”. Lo storico continua dicendo che “Si è ritrovato presso l’ara un piccolo fonte di pietra rotto che noi opiniamo destinato per lo lavacro del sacerdote del tempio, leggendo in antichi libri esser costume religioso la lustrazione delle mani del sacro ministro”.

A quanto pare il tempio del Dio doveva essere molto ricco se, come ci viene riportato, all’interno risplendeva di oro purissimo.

Fuori dal castello sacro al Sole forti mura difendevano Modica munite di porte. Una di queste situata ad oriente era chiamata Porta d’Anselmo, un’altra porta era posta verso Mezzogiorno sopra la Chiesa di San Pietro. Le mura che difendevano la città erano munite di spesse Torri.

Il Castello dei Conti, così come si presenta ad oggi, è il frutto di una massiccia ricostruzione che ha interressato le sue strutture non solo dopo il terremoto, ma, soprattutto, dopo il 1779. Il progetto per la ricostruzione della abitazione dell’allora Governatore della Contea fu realizzato dal magistrum Ignazio Scifo. Nel nuovo progetto il palazzo viene ad occupare quasi per esteso l’area settentrionale della rocca, doveva essere affiancato alla chiesa e posto di fronte alla Concelleria.

Il portale d’ingresso che immetteva nell’atrio era particolarmente curato. Nell’atrio era prevista una pavimentazione con basole di pietra quadrate poste a scacchiera di colore nero e bianco, con una scala pavimentata in lastre di pietra pece nera che si sviluppava intorno ad un colonnato con capitelli.

Dalla scala si accedeva alla casa del Governatore che era formata da undici stanze, compresa di cucina e anticucina con una cisterna. I soffitti erano realizzati in canne e gesso e pavimentate con pietra di Scicli, il camerone era pavimentato con mattoni di Valenza. Le stanze erano sostenute da undici dammusi le cui fondamenta poggiavano sulla rocca. Ogni stanza doveva avere un balcone sostenuto da mensole decorate o con motivi antropomorfi. Lungo tutti i quattro lati del Palazzo correva un cornicione di ordine corinzio. La Cancelleria, formata da una saletta d’ingresso e da tre camere, una delle quali era adibita ad archivio per l’ingente mole di documenti prodotta nel corso dei decenni, era ubicata sul versante orientale dello sperone roccioso. Sul cortile inferiore si affacciava la residenza del castellano. Sotto la cucina di questa residenze era ubicata la sede degli alabardiereri e, a lato, una cappella (San Leonardo?). In fase di ricostruzione si provvide anche all’adeguamento delle carceri distinte in carceri criminali, civili, per donne, galantuomini e fosse, nel 1825 fu aggiunto un carcere destinato alla detenzione degli ecclesiastici regolari o secolari. Nel medesimo cortile inferiore, oltre alle carceri, alla casa del castellano, alla sede degli alabardieri e alla cappella si affacciavano la camera di subizione (dove venivano custoditi cautelativamente i testimoni di rilievo per i processi) e la casa del boja.

Schematizzando la distribuzione degli insediamenti nell’area dello sperone roccioso lungo 230 m. e largo 30 m. possiamo distinguere, al di sotto della abitazione del Governatore collocata nella parte settentrionale, un cortile superiore e uno inferiore. Nel cortile superiore si collocavano i locali amministrativi: cancelleria e archivio e la Chiesa di San Cataldo. La parte meriodionale dello sperone roccioso era occupata da quello che, in senso stretto, viene definito come Castello, ossia come fortilizio militare oltre che carcere (casa del castellano, stanza delle guardie, casa del boja, camera di subizione e carceri). Il cortile superiore era in collegamento con quello inferiore tramite una scala che passava sotto il camerone della cancelleria (grazie a questa scala si era creato un percorso diretto con uno dei luoghi della tortura posto a oriente della rocca). All’area meridionale della rocca si poteva accedere anche attraverso una scale posta lungo la strada pubblica e che immetteva direttamente al piano del cortile inferiore.

A margine delle testimonianze fornite dal Carrafa e alle relazioni relative alla ricostruzione di fine Settecento, una precisazione va fatta. Con il temine rocca non va intesa solamente una emergenza fisica ma una fortificazione avente una complessa tipologia con permanenza sia di forze armate, sia, specie dal XIV secolo, ma gia in precedenza con Federico II, della residenza del Signore, oltre a cappelle, magazzini e prigioni. Non mancava a Modica un giardino e un frutteto di federiciano riferimento.

La difesa del territorio non era affidata esclusivamente al Castello. Presidi e attrezzati punti di riferimento per i commerci marittimi erano le grandi torri sui caricatoi o scari a mare. Di esse, più rilevante, nella Contea di Modica, “l’ingens et magnifica” torre di Pozzallo. Dal Caricatoio di Pozzallo i Conti di Modica esportavano le 12.000 salme di frumento che provenivano dal canone che i sudditi pagavano per le terre concesse in enfiteusi e che i Conti avevano il privilegio di esportare in franchigia.

Componente del sistema erano i fani ossia quelle alte costruzioni cilindriche che, situate in luoghi elevati e secondo una direzione coordinata, avevano la funzione di trasmissione di segnali visivi. Uno di questo è ancora visibile a Modica nel quartiere Dente (O’ Renti, Oriente).

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