Un itinerario per quanti amino vivere una città in tutte le sue pieghe e anfratti, per quanti desiderano essere incantati dall’improvviso allargarsi di bocche di caverne, per coloro che amano immaginare di trascorrere la loro esistenza in un luogo dal forte sapore medievale abbandonando le grandi città, è, certamente, una passeggiata tra antichi quartieri di Modica. Un itinerario che si snoda tra case pendenti e inclinate, tra i vicoli stretti che, intrecciandosi in mille sensi, scendono tortuosamente al letto della cava.
La fisionomia di Modica è senza dubbio una delle più meravigliose e singolari che si possano immaginare. Come scrisse lo storico Salvatore Minardo nel suo Modica Antica. Ricerche topografiche archeologiche e storiche: “Ridente nel sole e nel sereno, triste nella caligine e nell’oscurità della notte, colorata di mille svariate tinte or chiare or cupe, secondo le ore del giorno, abbellita dai più pittoreschi accidenti, il cui effetto muta di momento in momento… tutte quella case che dal basso si arrampicano convulsamente ai fianchi delle cinque colline e che, per un curioso fenomeno ottico, pare che vi caschino inevitabilmente addosso…”. Vie tortuose e acciottolate, gradinate che sono sul punto di crollare come sconvolte da un formidabile sconvolgimento tellurico o in preda a un mare in tempesta che sia rimasto improvvisamente pietrificato. Macchie di licheni ricoprono i muri scalcinati delle vecchie case collocate accanto a monumentali palazzi. Un genio folle sembra essersi divertito a creare queste forme topografiche che sono invece bizzarrie capricciose e strambe della natura e dell’uomo.
Vi proponiamo un itinerario al Quartiere Cartellone, l’antico quartiere ebraico, uno dei quartieri più grandi e popolati, poi un itinerario nel quartiere antistante il Cartellone chiamato Corpo di Terra che occupa tutto il versante occidentale della collina del Castello e, infine un itinerario nel quartiere di Francavilla e oltre, il quartiere che si estende dalle mura settentrionali del Castello fino alla Chiesa di San Giovanni Evangelista. Un itinerario quest’ultimo alla scoperta della parte alta della città: Modica Alta.
La Contea di Modica era uno dei feudi più vasti se non il più vasto della Sicilia e la popolazione ebrea, nel suo complesso, doveva essere numerosa. In base ad un censimento fiscale risalente al 1492 si calcola che la Contea ospitava circa un ventesimo di tutta la popolazione ebrea dell’isola calcolata intorno a quarantottomila unità.
Gli ebrei in Sicilia non erano costretti a vivere in quartieri chiusi, noti come ghetti, nettamente divisi dalle comunità cristiane con mura di separazione e porte che venivano chiuse nelle ore notturne. L’isolamento in cui vivevano le comunità ebraiche all’interno delle universitates siciliane scaturiva da autodeterminazione, a cui non erano estranei i dettami della religione. Nella maggior parte delle città della Sicilia questo isolamento si realizzava nella elezione di un determinato quartiere cittadino a sede della comunità ebraica.
A Modica il quartiere del Cartellone era abitato, quasi esclusivamente, da ebrei. I ruderi di una sinagoga erano visibili ancora alla fine dell’Ottocento. Ora sono scomparsi ma il toponimo esiste ancora. Si sono fatte molte ipotesi sul significato e sull’origine della denominazione del quartiere. Una delle ipotesi, meno probabile, vuole che il Cartellone prendesse il nome da da un grande cartello “ove stavano notate le leggi ebraiche e che gli ebrei affissavano ai muri della vie”; è molto probabile che il nome si debba a un cartello, ben visibile, che avvisava i cristiani che da lì iniziava il quartiere ebraico quando, a partire dal XV secolo, all’epoca della repressione inquisitoriale, si incominciarono a isolare gli israeliti, dando inizio a quella intolleranza religiosa che, a Modica, sarebbe sfociata nell’eccidio del 1474.
Il 15 agosto di quell’anno infatti, il popolo modicano si scatenò al grido di “Viva Maria e Morte ai Giudei”, un’orda di gente armata invase il quartiere di Cartellone e in mezzo a una confusione di grida, minacce, di preghiere, di imprecazioni, accadde una scena orribile di carneficina e di macello. Il numero degli ebrei uccisi in un solo giorno a Modica fu di 360.
Il quartiere del Cartellone si estendeva da San Francesco alla Cava, sino all’Olivella, in lunghezza e dall’altopiano fino all’alveo del torrente in larghezza, quest’ultima fascia era chiamata Costa de li judei e la parte terminale che confinava con la riva del torrente era detta lu Cursu toponimo che è sopravvisuto fino ad oggi.
Il vasto quartiere, a balze, può essere visitato sia a piedi privilegiando un itinerario che parte dal basso, o, in alternativa , in macchina: si avrà la possibilità di godere di uno splendido panorama, il più suggestivo, quello che mostrerà la complessità topografica della città, i suoi mille volti,i tanti poli visivi.
La passeggiata attraverso l’antico quartiere del Cartellone prende le mosse proprio dal Corso, di fronte alla Chiesa di San Pietro dove, un vicolo sovrastato da un arco (da notare la chiave di volta con un’iscrizione ebraica) invita i passanti a deviare dal percorso tradizionale per avventurarsi nel dedalo di vicoli. Lasciandosi alle spalle il primo livello del quartiere, quello chiamato appunto Costa de li judei, lungo il Corso e caratterizzato dalla presenza di numerosi palazzetti settecenteschi e ottocenteschi, il volto benestante di questo versante della collina, ci si imbatte, nel volto popolare della città, in quell’architettura minore ma non meno significativa dal punto di vista storico e sociolologico, costituita sia dalle abitazioni dei rami cadetti delle grandi e benestanti famiglie, sia dalle abitazioni, dimesse, della classe popolare, dei piccoli artigiani, dalla presenza, tutt’oggi, di antiche botteghe dove si possono acquistare prodotti e manufatti legati alla tradizione locale e realizzati artigianalmente. Il consiglio è di non seguire un percorso prestabilito e di lasciarsi guidare dagli odori che provengono dall’interno della case, dal profumo di gelsomino, dal rumore di attrezzi delle botteghe artigiane (fabbri, falegnami, stagnini, carrettieri, sarti), noi vi indicheremo quali sono gli edifici degni di nota che troverete perdendovi nel Cartellone.
In Via Ritiro, proprio dietro il Teatro Garibaldi, si trova la Chiesa di Santa Maria del Rosario chiamata Il Ritiro con l’annesso “reclusorio” delle Vergini. La chiesetta venne fondata intorno al 1640 dal canonico don Pietro Civello. Alla chiesa il pio ed illustre modicano aggiunse un “reclusorio” sotto il titolo del SS. Rosario per le vergini, che subì dei rifacimenti nel 1820.
Tra le architetture a cui si può far riferimento lungo il percorso citiamo, spostandosi sulla sinistra, il Portale De Leva, frammento d’architettura tardo gotica, risalente alla seconda metà del XIV secolo, in stile chiaramontano. Lo stile chiaramontano fiorisce tra il 1296 e il 1392, nel periodo in cui i Chiaramonte ( una delle più importanti famiglie dell’Isola) vengono insigniti del titolo di Conti di Modica. Il portale De Leva costituiva l’ingresso alla Chiesa di San Filippo e San Giacomo.
Alle spalle del Portale, con la facciata rivolta verso... i turisti avranno modo di visitare la Chiesa del SS. Salvatore. Tra le chiese minori è una delle più significative. Non si possiedono notizie relative alla chiesa precedente il terremoto del 1693. La fisionomia attuale è da riferire al Settecento, con ulteriori trasformazioni tra Ottocento e Novecento. L’interno presenta degli spazi che, nella loro articolazione sono tra i più interessanti del Settecento ibleo. Nella parete di fondo dell’abside si trova una monumentale cappella a due ordini, in calcare decorata con oro zecchino.
Un discreto numero di chiese rupestri e semirupestri erano presenti nel quartiere del Cartellone e che potrebbero essere state impiantate dopo il 1492, l’anno dell’espulsione degli Ebrei dalla Sicilia voluta da Ferdinando il Cattolico, non è esclusa comunque una loro preesistenza a questa data, poiché il Cartellone, essendo uno dei più estesi quartieri, comprendeva aree abitate dalla popolazione cristiana. Tra le chiese citiamo Santa Maria della Consolazione sotto il titolo dello Xaudo, dove in Xaudo deve riconoscersi una storpiatura volgare di Exaudi nos. Santa Maria della Consolazione risulta posizionata tra la fine della Via Turbazzo e la Chiesa di Santa Maria dell’Itria. Carattere semirupestre ha la Chiesa di San Rocco, anteriore al 1553 della quale non si conosce l’impianto originario. Sul sentiero che si inerpica nella parte settentrionale della collina dell’Idria, si trova la Chiesa rupestre di San Giuseppe ù Timpuni, sufficientemente nota e spiegata come espressione di devozione popolare del XVII-XVIII secolo. Dagli intonaci rupestri c’è da ritenere che tutta la grotta fosse affrescata.
Sulla sommità della collina dal nome Itria, proprio di fronte al Castello, in una posizione strategica dalla quale è possibile ammirare la città di Modica e leggere perfettamente la struttura del Castello dei Conti, si trova la piccola Chiesa di Santa Maria dell’Itria o Odigitria. Le fonti attestano che la chiesa esiste dal 1600. La tradizione vuole che il martedì dopo Pasqua, detto il Martedì di Pasqua o dell’Itria, la popolazione si raduni attorno alla collina, sulle terrazze rocciose portando delle vivande ( carne da arrostire, uova, formaggi, vino) per consumarle nei pressi della chiesa. All’interno della chiesa si possono comprare i Piretti, grossi limoni con la buccia molto spessa e dolce che si gustano ricoperti di zucchero o di sale e pepe, una vera e propria prelibatezza. All’interno della chiesa si svolge anche una “pesca” di beneficenza.
La festa del martedì dell’Itria ci riporta alla fine del Trecento quando, con i Vespri siciliani (1282), gli aragonesi cacciarono via dall’isola gli angioini. Il nome Odigitria vuol dire Madonna che guida i fedeli per la retta via (da odòs, in greco “via” e da ago, “cammino”). Il culto alla Madonna sotto questo titolo pare provenga da Costantinopoli, è molto diffuso in Sicilia ed è stato assunto a simbolo religioso dell’isola nella omonima chiesa dei siciliani a Roma. Particolarmente sentito è il culto dei modicani alla Madonna dell’Itria fin dall’epoca dell’edificazione della chiesa.
Coloro che preferiranno l’itinerario in macchina visiteranno la parte alta del quartiere Cartellone e, dalla Chiesa con l’annesso convento di Sant’Anna e San Calogero si porteranno sulla terrazza panoramica dalla quale saranno incantati dallo stupefacente spettacolo della città, uno spettacolo consigliato anche di notte per la sapiente illuminazione che permette di leggere tutte le architetture, religiose e civili, che sbocciano e si manifestano come fiori in un giardino notturno.
La Chiesa e il Convento di Sant’Anna e San Calogero sono testimoniati, per la prima volta da un documento del 1600. La Chiesa si trova sulla Via Liceo Convitto. Dell’attiguo convento sappiamo che venne edificato nel 1613 e abitato dai Riformati del Terzo Ordine di San Francesco e, in un secondo momento dai frati Osservanti, un altro ordine francescano. I locali del convento vennero trasformati, nel 1878 in Liceo Convitto e già nel 1880 era in funzione il Liceo Classico intitolato al modicano Tommaso Campailla, filosofo. All’interno del convento di vero interesse e fascino è il chiostro con 18 colonne monolitiche e 8 semicolonne seicentesche. Il chiostro originario era a due ordini, il secondo fu murato nella ristrutturazione ottocentesca dell’edificio. La Chiesa di Sant’Anna conserva l’aspetto seicentesco poiché non venne danneggiata in modo significativo dal terremoto.
Proprio di fronte alla Chiesa di Sant’Anna sorge l’imponente complesso delle suore benedettine realizzato alla fine dell’Ottocento quando le monache furono costrette a sgombrare il loro convento con l’annessa chiesa che si trovava lungo Corso Umberto e che divenne, successivamente, la sede del Tribunale di Modica. Per chi volesse approfittare dell’occasione per visitare un altro complesso francescano, non troppo distante dalla Chiesa di Sant’Anna, sulla strada che conduce a Modica Bassa, nella parte mediana della collina denominata Dente, si trova il Convento dei padri Cappuccini che si insediarono a Modica fin dal 1556. L’impianto del complesso, come si presenta oggi, risponde alla formulazione cinquecentesca nella semplicità delle strutture murarie, nella distribuzione delle celle e delle officine intorno al cortile, nella presenza del loggiato che si affianca al vano della chiesa e risponde anche alla tipologia di tanti conventi capuccini presenti in Sicilia: nell’area è assimilabile a quelli di Scicli, Ragusa, Ispica e Sortino. Il portale della chiesa annessa è definito da due paraste e da una cornice di ordine tuscanico ed è sovrastato da una finestra decorata da uno scudo sotto un timpano ad omega. L’interno è ad aula unica. Sull’altare centrale troneggia una bellissima custodia lignea databile tra Seicento e Settecento, con uno sviluppo piramidale e conclusa da una cuspide a bulbo.
Dopo aver affrontato la lunga passeggiata è consigliabile riprendere fiato e forze concedendosi un ottimo pranzo prima di affrontare l’itinerario proposto, per il pomeriggio che comprende una visita al Castello dei Conti di Modica,il percorso dedicato a Salvatore Quasimodo e la visita del Teatro Garibaldi e del Museo Archeologico. Una trattoria, con un’ottima qualità-prezzo, è la Putia rò vinu. Per raggiungerla si dovrà ripercorrere il percorso fatto a piedi a ritroso o, per chi avesse scelto di fare la passeggiata in macchina, portarsi sul Corso Umberto, di fronte alla Chiesa di San Pietro. La trattoria si trova in Via De Leva, un ambiente semplice ed accogliente dove potrete gustare degli ottimi piatti di legumi ( vi consigliamo i Lolli ntè favi, una specialità modicana o la pasta con il macco:pasta fatta in casa con un passato di fave), degli antipasti rustici, le uova, i formaggi tipici e il bollito accompagnati da un profumato pane di casa. I prezzi sono alla portata di tutte le tasche.
L’altra proposta che vogliamo lanciare è quella di un itinerario nel quartiere antistante il Cartellone, il quartiere di Corpo di Terra (“gravitava attorno alla Chiesa di San Pietro e si estendeva su tutto il versante occidentale del Castello”) comprendente il Castello dei Conti di Modica a cui si accompagna la visita di monumenti e siti di particolare interesse artistico lungo Corso Umberto, Corso Garibaldi e Via Marchesa Tedeschi.
La passeggiata può cominciare dal Piazzale antistante la Chiesa di San Pietro. Sulla destra della chiesa una piccola strada conduce a una scalinata che porta in alto fino al Castello. La visita a quello che, unanimemente, viene considerato il simbolo visivo della città di Modica è d’obbligo. Si tratta di un’area molto estesa occupata dal Castello e dagli edifici ad esso connessi che non mancherà di affascinare il viaggiatore con un vero e proprio tuffo nel passato.
L’itinerario proseguirà ritornando sul sentiero che ha condotto in cima alla collina. Circa a metà percorso i visitatori potranno di visitare la casa dove nacque e visse, per qualche anno, il grande poeta e Premio Nobel per la Letteratura Salvatore Quasimodo. La Casa Quasimodo è una tipica casa piccolo borghese modicana, la visita, accompagnata dalle utilissime informazioni fornite dalle ragazze della Cooperativa Ethnos ( la Cooperative che si è fatta carico della realizzazione e organizzazione del Parco Letterario Salvatore Quasimodo e che, attualmente, lo gestisce), è un’ottimo modo per calarsi nello spazio di una famiglia della prima metà del secolo scorso. Ma l’itinerario quasimodiano non finisce qui dal momento che uno spazio situato sul lato destro delle Chiesa di San Pietro, è stato dedicato alla Poesia. La Stanza della Poesia è un percorso fisico attraverso una scelta delle più belle composizione quasimodiane grazie all’uso di sistemi multimediali. Il Percorso continua anche nei quartieri del Centro storico con pannelli con poesie dell’illustre modicano.
Dopo aver effettuato una breve sosta al Caffè dell’Arte, su Corso Garibaldi, dove potrete gustare dell’ottimo cioccolato caldo o le tante specialità dolciarie della tradizione modicana in un ambiente dal raffinato gusto Old Style, vi suggeriamo di effettuare una visita al Museo Civico Archeologico che, da poco, è stato trasferito nella sede dell’ex Tribunale, proprio di fronte al Caffè dell’Arte. il Museo è, senza ombra di dubbio, uno strumento utile alla lettura della storia urbana e per la comprensione della cultura materiale della città e del territorio modicano.
Al termine della visita al Museo Archeologico i turisti potranno inserire nel loro itinerario la Chiesa di Santa Maria di Betlem. La Chiesa è situata lungo Via Marchesa Tedeschi e, l’impianto monumentale a tre navate, è il terzo per importanza in città dopo quelli delle chiese di San Giorgio e San Pietro.
La chiesa fu costruita al posto o per l’integrazione di quattro piccole chiese (San Bartolomeo, Sant’Antonio, Santa Maria di Berlon, San Mauro), e l’aspetto attuale si presenta come il risultato di interventi che vanno dal Cinquecento all’Ottocento. La facciata, a due ordini, scanditi da una cornice marcapiano. è il risultato di due fasi costruttive, il primo ordine è da collocare tra il secondo Cinquecento e il primo Seicento, mentre il secondo ordine fu realizzato nell’Ottocento. All’interno, dell’antico Tempio, dopo le distruzioni avvenute durante i terremoti del 1613 e del 1693, rimane la cappella in fondo alla navata destra, chiamata cappella palatina o Cappella Cabrera, uno dei rari esempi di architettura di transizione dalla fase arabo normanna a quella rinascimentale. Una cappella che può essere accostata, per gli elementi decorativi, all’abside di Santa Maria presso San Satiro a Milano, capolavoro di Donato Bramante.
All’uscita ci si porta sulla via parallela a Via Marchesa Tedeschi, Corso Garibaldi dove vi consigliamo una sosta al Teatro Garibaldi. L’attuale fisionomia è legata alla ristrutturazione Ottocentesca che lo ha reso un vero e proprio gioiello di architettura neoclassica, vero e proprio centro, allora come oggi, della vita culturale modicana. I visitatori rimarranno incantati dall’eleganza e dalla raffinatezza degli interni (la sala, il foyer, i palchi) e apprezzeranno l’impegno profuso dal Comune per la riapertura del teatro dopo molti anni di abbandono.
Sarà, a questo punto, già arrivata l’ora di cenare. Vale la pena ripercorrere la strada per il Castello perché, proprio di fronte alla Casa Quasimodo, in quella che fu, un tempo, l’abitazione del filosofo modicano Tommaso Campailla, si trova il Ristorante Torre D’Oriente. Una casa dalle volte affrescate con una stupefacente vista sul centro storico e un balcone che si affaccia su terrazze con palme, su giardini di limoni e pergolati di gelsomino. Il Ristorante è in Via Posterla al n° 29 tra le tre Chiese più importanti: San Giorgio, San Pietro e Santa Maria di Betlem.
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